Storie

Le storie di alcuni dei nostri atleti, raccontate da Special Olympics Italia. Prendetevi il giusto tempo per assaporare questi racconti fatti di impegno, tenacia, sconfitte e vittorie, ostacoli superati e obiettivi raggiunti!

Giuditta Guglieri: dalla sabbia di Albisola alla neve dei Giochi Mondiali Special Olympics

Giuditta ha 28 anni la sua principale caratteristica è essere sempre sorridente e allegra e per questo risulta simpatica e benvoluta da tutti coloro che incontra.  È curiosa e molto attenta alle emozioni delle persone che la circondano. Le sue passioni sono lo sport, la musica, gli animali e i giri in Vespa con papà.

Dopo una gravidanza e un parto normali, i primi problemi di Giuditta si sono manifestati intorno ai 3-4 mesi con un ipotono muscolare generalizzato che le impediva di mantenere il capo e il tronco eretti, una scarsa reattività agli stimoli, impossibilità a rotolare, gattonare e arrampicarsi per raggiungere la stazione eretta per questo ha iniziato fin da piccolissima trattamenti di fisioterapia e il nuoto. Pur con evidenti difficoltà di coordinazione motoria lo sviluppo di Giuditta è avvenuto lentamente ma con un andamento armonico fino a raggiungere il cammino intorno ai 3 anni. Il ritardo cognitivo manifestatosi contestualmente è stato caratterizzato da una pressocché totale assenza di linguaggio verbale con produzione solo di scarse parole passepartout accompagnate però da un progressivo ricchissimo linguaggio non verbale.

Fin dai primi anni Giuditta ha frequentato l’asilo nido e la scuola materna con l’intento di favorire la socializzazione al fine di incentivare il più possibile gli apprendimenti sfruttando la sua capacità di adattarsi con tranquillità in ambienti diversi e, nel contempo, applicare rigidamente sequenze che le consentissero di ordinare i movimenti e le parole nella formazione di un linguaggio strutturato.

Durante il ciclo della scuola primaria, forse a causa di un cambio di residenza o del peso delle involontarie pressioni delle nostre aspettative generate dai suoi lenti ma costanti progressi, Giuditta ha sviluppato una progressiva caduta dei capelli che si è trasformata in breve tempo in alopecia totalis con perdita di tutti i capelli, delle ciglia e delle sopracciglia e in tale condizione è rimasta per 8 anni. Durante questo periodo si è manifestato sempre più il carattere forte e deciso che la contraddistingue, tanto da voler sempre esibire il cranio nudo in pubblico mentre usava rigorosamente il cappello tra le mura domestiche, rifiutando l’uso di parrucche perché voleva i capelli suoi …”io capelli mii”.

Iscritta al Liceo Artistico ha conseguito il diploma differenziato, interrotto il nuoto ha frequentato con grande passione gli allenamenti di judo, sport conosciuto da tempo in quanto praticato dalle cugine con allenamenti attenzionati alle sue difficoltà.

Mentre lo sviluppo motorio proseguiva in maniera armonica anche se con evidente difficoltà nella coordinazione motoria, il linguaggio rimaneva estremamente deficitario con una produzione verbale molto inferiore alla comprensione. Abbiamo quindi pensato, oltre alle ripetute lezioni di logopedia e di psicomotricità, di sfruttare la sua passione per la musica per migliorare l’emissione dei suoni e delle parole iscrivendola ad un corso di musicoterapia… e qui abbiamo avuto la svolta.

Il corso era frequentato anche da Lucrezia, vulcanica atleta leader che ora fa parte del consiglio internazionale Leadership di Special Olympics, con la quale è iniziata una intensa amicizia. Le due ragazze, oltre al corso di musicoterapia, hanno frequentato insieme una scuola di danza latinoamericana esibendosi in coreografie costruite per le loro abilità e sono entrate a far parte dei “Cavalieri Amici”, un gruppo di ragazzi con disabilità cognitiva, ora realmente un gruppo di amici, coordinato da volontari dell’Associazione Nostra Famiglia.

Nel 2017, sempre tramite Lucrezia, scopriamo che le racchette da neve si possono usare anche sulla spiaggia e conosciamo l’associazione sportiva Eunike.

Conoscere Eunike e il mondo Special Olympics è stato come aprire la finestra su una giornata di sole: finalmente avevamo trovato quello che cercavamo e speravamo per Giuditta. Non più programmi pensati per ciò che mancava, bensì programmi e allenamenti pensati per valorizzare le tante qualità che ci sono e sviluppare le abilità di Giuditta come atleta e quindi come persona.

Tutte le società sportive frequentate da Giuditta hanno sempre avuto per lei particolari attenzioni nel costruire allenamenti ed ambiente ad hoc soprattutto nel judo, dove l’allenamento avveniva anche con metodo unified, ma erano comunque sempre pensati per ciò che mancava.

Eunike e i programmi Special Olympics hanno rappresentato la svolta per Giuditta che si è appassionata a quasi tutti gli sport proposti, spaziando dalle racchette da neve all’open water, dall’atletica al basket, dalla ginnastica artistica e ritmica al badminton e alla danza sportiva, condividendo tempo, sport e gioco con gli altri atleti.

La valorizzazione delle proprie competenze e la costante spinta all’autonomia che Eunike sollecita in ogni circostanza fa sì che Giuditta si rechi all’allenamento di basket a 20 km da casa prendendo l’autobus insieme ad alcuni compagni di squadra, scendendo alla fermata corretta, attraversando la strada, a volte anche deviando per una bibita al bar prima dell’allenamento.

Non si può esprimere la soddisfazione nel vedere in questi contesti Giuditta così indipendente, padrona di se stessa, esprimere le proprie idee, condividere le proprie emozioni, tifare per i  compagni e gioire per i propri successi e per quelli degli altri atleti… È pura energia e tanta, tantissima, allegria.

A causa dell’ipoplasia del corpo calloso sono evidenti le sue difficoltà in ambito logico-matematico e temporale, così come sono ridotte le sue capacità cognitive, anche se forse meno di quando la sua ridotta produzione verbale possa far pensare, per cui, anche se non crediamo che Giuditta abbia veramente compreso il significato della convocazione ai Giochi Mondiali, quel che è certo è che ha capito che è una cosa molto importante e che potrà cantare molte volte l’Inno d’Italia che è una delle sue “canzoni” preferite!!!

Per noi genitori la convocazione ai Giochi Mondiali è stata una notizia veramente inattesa che ci ha riempito di gioia e di orgoglio, l’affetto e la gioia manifestata dai compagni e dai tecnici ci ha regalato un momento indimenticabile…!!!!

Insomma Giuditta ha una vita piena e coloratissima…ha una borsa lavoro all’asilo del paese in cui viviamo dove si reca in modo autonomo e dove svolge un lavoro che le piace e la gratifica, ha un gruppo di amici con i quali si è instaurata, oltre ad una sincera amicizia, una bellissima relazione di interazione e supporto. La maggior parte degli amici con cui condivide musica, viaggi, eventi culturali e sport fa parte della  squadra di Eunike ed è meraviglioso vedere quanto il gruppo sia determinante nello stimolare  la volontà  con la quale Giuditta si allena, fatica, migliora con la sua forza e con la forza del gruppo  incarnando veramente  lo spirito del giuramento dell’atleta Special Olympics “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”.

Grazia Guiddo, mamma di Giuditta

Giuditta Guglieri Eunike

Sara Fazio: una tenace Schiaccia-Pregiudizi

Sara è un’Atleta solare e sempre sorridente, mostra un attaccamento alla vita da fare invidia. È allegra e sorprendentemente determinata. La tenacia è una caratteristica che l’ha accompagnata fin dalla nascita, oggi ha 27 anni. Nonostante le difficoltà non si è mai arresa nel cercare la strada per arrivare, nonostante abbia avuto anche delle avventure poco piacevoli non ha mai mantenuto a lungo il dispiacere o la rabbia, sono sentimenti che non le appartengono per natura.

Sapevamo che sarebbe nata molto piccola – racconta mamma Nylde – e per questo ha passato i primi mesi di vita in terapia intensiva. Tuttavia non sembrava ci fossero dei problemi, sembrava dovesse solo crescere. Durante i primi due anni abbiamo iniziato a capire che forse c’era qualcosa che non andava in lei: si ammalava spesso, non cresceva come gli altri bambini della sua età, aveva evidenti ritardi nello sviluppo ma ci sono voluti ben 10 anni per ricevere una diagnosi.  10 anni di ospedalizzazioni, seppur discontinue, di esami ed accertamenti, di opinioni e di consigli spassionati. Ci è voluto un pediatra ricercatore per avere la certezza che Sara avesse una disabilità intellettiva e relazionale. Una condizione che non si cura come una malattia, rimane per tutta la vita. Forse ciò che può e deve guarire appartiene al mondo intorno a Sara e a tutti noi.

La scuola

Viviamo in un piccolo paese che non era pronto ad accogliere Sara. Qui non esisteva una cultura dell’inclusione né la bellezza dell’essere tutti diversi e questo ha recato molta difficoltà a noi tutti, in particolare quando Sara ha iniziato a frequentare le scuole elementari. Per prime sono state le maestre a non saper cogliere l’opportunità di insegnare qualcosa di importante alla classe attraverso la presenza di nostra figlia. Il risultato è che è stata costantemente esclusa dai compagni. Sara presenta problemi a livello scheletrico e ortopedico ma la sua disabilità intellettiva non è evidente agli occhi, al primo impatto, forse anche per questo, a scuola, passava sempre per quella che disturbava, che non sapeva contenersi. Di fatto in quegli anni Sara non ha imparato nulla, soprattutto a livello relazionale ed io ricordo che mi recavo ai colloqui con gli insegnanti con la legge sull’integrazione scolastica sottobraccio senza mai ricevere la giusta attenzione.

Finite le elementari, abbiamo deciso di segnarla alle medie in un altro paese con la speranza di trovare un ambiente nuovo, accogliente per Sara e così fortunatamente è stato. Poco importa se abbiamo dovuto sacrificare la nostra routine perché ne abbiamo guadagnato in serenità e speranza per un futuro migliore.

Sara è cresciuta, oggi partecipa ad un progetto di vita indipendente che stiamo costruendo assieme, ce lo stiamo anche un po’ inventando a dir la verità perché il paese dove viviamo anche oggi non risponde molto all’esigenza di formare figure professionali di supporto. Sara ha raggiunto un buon grado di autonomia: ha imparato a spostarsi da sola con i mezzi, a memorizzare gli orari degli autobus, ad acquistare i biglietti, sa cucinare.

Special Olympics è lo sport dell’inclusione

La pallavolo è sempre stato lo sport “di famiglia” per Sara, praticato già dai suoi genitori e da suo fratello. Da piccola giocava nella squadra del suo paese, Celle Ligure, allenata proprio da suo papà, ma poi ha dovuto purtroppo interrompere. Ha dovuto attendere il 2018 e la Volleyball Week di Special Olympics Italia per tornare a giocare in campo. Mentre era al palazzetto per assistere come pubblico ad una partita di campionato, è stata coinvolta quasi per caso nel team Eunike che aveva organizzato proprio lì in quella giornata, una discesa in campo e una partita dimostrativa di pallavolo unificata. Tutto è iniziato lì! L’anno successivo è tornata a far parte del Celle Varazze Volley, coinvolta proprio dalla coach di Eunike Eleonora Ferrari insieme ad altre sue coetanee con disabilità, allenandosi insieme alla squadra Under16 e partecipando con loro ad alcune partite. L’emozione di poter gareggiare davanti ai suoi genitori e ai suoi fratelli è stata grandissima! Con il passare dei mesi ha iniziato anche ad allenarsi assiduamente con il team Eunike, sia nel nuoto sia nel Beach Volley Unificato, che le ha permesso di vivere la prima trasferta insieme alle sue compagne di squadra, per partecipare agli Unified Beach Games di Cesenatico, l’evento che sicuramente ricorda con maggior soddisfazione.

“Essere via da casa sentendomi parte di una squadra è stato bellissimo e divertente!” – ha detto Sara.

Oggi non solo è una giocatrice di Pallavolo Unificata e Beach Volley Unificato del Team Eunike, ma dopo aver seguito il seminario di formazione Coach For Inclusion ogni giovedì collabora con Serena Taccetti e con le altre coach del Team ADSO  allo svolgimento dell’allenamento, cosa di cui va molto orgogliosa.

Oggi Sara è una donna che ha raggiunto traguardi che, all’epoca, non mi sarei mai aspettata – continua mamma Nylde – Il suo è un vero e proprio viaggio verso l’autonomia fatto di lunghi periodi di stasi intervallati da grandi balzi, scalini alti che lei riesce sempre a salire.

Il salto più alto a livello relazionale Sara, però, lo ha compiuto senz’altro grazie a Special Olympics. Ha stretto le prime vere amicizie, ha imparato a vivere insieme agli altri, a rispettare le regole e a credere in se stessa.

Special Olympics è uno spazio amplificato di  capacità e talenti, di amicizia e di empatia, una famiglia per noi. Un supporto insostituibile, ancora un’altra speranza per il nostro futuro. Si perché lo sport unificato, in questo caso la pallavolo,  apre le porte ad un mondo migliore. Sara fa la sua parte, ha piena consapevolezza della sua tenacia e oggi, sulle orme del claim della Volleyball Week 2022, è diventata una schiaccia – pregiudizi. Lei stessa, a chi non crede nelle capacità delle persone con disabilità intellettive. risponde con fermezza; “dovrebbe ricredersi e dovrebbe imparare dagli Atleti Special Olympics ad affrontare le difficoltà”.

Brava Sara, è proprio così!

Foto Beach Games Simone Castrovillari (7)

Marco Basso: Il mare è il suo mondo, il nuoto la sua felicità

Per Marco la vita non è stata facile, ma ora ha una grande famiglia che crede in lui.

“E’ normale che tremi signora, lo avvolga di più nella copertina quando lo allatta”

Marco, mio figlio, nasce il 5 gennaio del 1988 ed ho subito la sensazione che c’è qualcosa che non va. Sento dei tremori nel suo corpicino ma in ospedale tutti mi rassicurano. Poi, a distanza di due giorni, mi vengono a chiamare per dirmi: “Marco ha crisi convulsive, lo trasportiamo all’ospedale Gaslini”. Da quel momento inizia il nostro calvario.  “Nostro” perchè i problemi di salute del mio bambino coinvolgono tutti gli affetti che ci circondano, la famiglia allargata.

Dopo un mese Marco torna finalmente a casa ma lo fa senza una diagnosi.
Ricordo ancora perfettamente le parole del Professor  Serra al momento delle dimissioni: “Gli esami sono tutti a posto, ma qualcosa non mi convince”. Aveva ragione.

Marco sembrava come rallentato, in tutto quello che faceva, persino nella percezione del dolore. Quando, ad esempio, cadeva a terra, piangeva sempre quell’attimo dopo ed io, nonostante tutti mi dicessero di stare tranquilla, che “non ha niente”, tranquilla non lo sono mai stata.

All’improvviso poi sono iniziati gli episodi convulsivi che non erano riconducibili all’epilessia, così Marco fu sottoposto ad una serie di ospedalizzazioni senza mai riuscire a capire quale fosse la causa scatenante e se queste convulsioni fossero correlate al ritardo evolutivo di Marco.

Ancora oggi non esiste una diagnosi precisa, qualcuno ha azzardato una forma di autismo atipico con annessa una disabilità intellettiva grave.

Dopo un momento di smarrimento dove mi sono sentita letteralmente cadere il mondo addosso, ho trovato nel calore della mia famiglia un sostegno prezioso, mi ha aiutato tantissimo dal punto di vista psicologico ma anche pratico. Ho reagito e ho capito che l’unico modo per aiutare mio figlio era trattarlo come gli altri bambini, pretendere da lui 100 per ottenere 30 ed essere contenta di quel 30 perché lui si era impegnato al massimo per ottenerlo.

Il cammino scolastico fino alla terza media è stato meraviglioso perché Marco è stato affiancato da insegnanti di sostegno e non, che lo hanno incluso perfettamente all’interno delle classi pur non riuscendo Marco  nè a scrivere nè a leggere.

Marco ha frequentato poi il Liceo Sportivo ma la scuola superiore non è ancora pronta all’inserimento di ragazzi con disabilità e solo la bravura del suo insegnante di sostegno ha fatto si che anche quegli anni passassero comunque abbastanza sereni.

Purtroppo, finita la scuola, IL NULLA. Non esistono ancora realtà capaci di inserire giovani con disabilità gravi ma non gravissime. La troppa burocrazia scoraggia qualsiasi volontà. Cosi Marco oggi frequenta un centro diurno, ma nel mio cuore so che quello non è il suo posto, anche lui lo manifesta, ma non abbiamo alternative.

Marco, se non coinvolto in un rapporto quasi uno a uno, tende ad isolarsi, ad osservare da lontano, come se avesse paura di mettersi in gioco. Spesso ha bisogno di aiuto per inserirsi in un gruppo e per manifestare quello che prova. A volte poi scoppia a piangere come un bambino, e solo chi lo conosce sa che magari è stata l’emozione di una musica particolare o il fatto di non sentirsi considerato o ancora, più semplicemente, un po’ di stanchezza. In poche parole Marco richiede attenzioni.

Lo sport

Marco cresce ed inevitabilmente iniziano ad emergere le diversità con i suoi coetanei, infatti spesso mi chiede ”mamma, perché io non sono in grado?” ecco, è in momenti come questo che non ho le risposte giuste da dargli perché non le ho io dentro di me.
Sono momenti che non vorrei vivere, quando gli altri lo deridono io stringo i denti, cerco di tacere perché voglio che lui impari a difendersi da solo ma, a volte, di fronte alla cattiveria pura, intervengo, decisa. Si vede che a volte anche io “non sono in grado”di lasciar andare, ma a volte non si può, non si deve.

Marco ha iniziato a nuotare già da quando aveva due anni perché, a causa di una rigidità muscolare, i medici mi hanno sempre consigliato il nuoto. In acqua tutta la sua rigidità scompare e lui è e si sente libero, è a suo agio e quando va sott’acqua, è armonioso.

Un giorno scopre anche la bicicletta e anche li si diverte, prova a sfidarsi e va veloce, felice. Marco è sempre con me, con mio marito – che non è suo padre biologico-  sua sorella Marzia e la zia Lella che, seguendolo come un’ombra, non perde un solo piccolo progresso che compie, perchè lo compie.

Poi all’improvviso, tramite una parente di Alessandria che conosce un’atleta Special Olympics, scopro che ad Albisola sta prendendo forma un Team, si chiama Eunike, in memoria di Eunice Kennedy Shriver la fondatrice del Movimento. Eunike è il posto adatto per diventare un atleta.

Mi informo e ho un primo approccio con Serena ed Eleonora, le coach di questa Associazione ed è amore a prima vista. Marco inizia un corso di musical e conosce altri ragazzi e, incredibile per me, inizia a relazionarsi con tutti. Inizia una vita sociale nuova perchè, oltre a fare sport, queste persone si frequentano, escono la sera, condividono momenti extra-sportivi, in sostanza diventano amici.  Marco, ogni volta, rientra a casa felicissimo. E cosi anch’io entro in punta di piedi nel mondo Special Olympics e ne rimango affascinata, è un movimento continuo. Dopo il musical propongono per Marco la corsa con le racchette da neve. “Ma siamo al mare!” esclamo io, mi rispondono: “Dov’è il problema? ci alleniamo sulla spiaggia e poi andiamo a fare i nazionali invernali in montagna”. Detto fatto, e Marco con i suoi amici si allena e parte per 5 giorni con il suo Team per partecipare agli eventi durante i quali quasi non chiama perché ha da fare.

Poi “Abbiamo il mare, alleniamoci a nuotare” Eleonora guarda Marco e dice: “ Questo è il tuo mondo”; nuotano e chiacchierano e se non c è Eleonora ecco Federica, nuotatrice esperta in piscina che ,per seguire Marco in mare aperto, vince le sue paure. Il bello del mondo Special Olympics è tutto l’amore e l’entusiasmo che avvolge chi ne fa parte.

I Mondiali di Abu Dhabi

Eleonora e Serena un giorno mi chiamano e mi dicono: “Stasera ci sei con Biro (ndr mio marito) dopo il musical? Vi diamo due o tre notizie per i Giochi Nazionali invernali…”

Andiamo e ci sono anche altri genitori ed altri atleti; spiegano qualcosa sull’evento e poi esordiscono: “il prossimo anno ci saranno i Giochi Mondiali ad Abu Dhabi” lanciano il video  dei Giochi a Los Angeles 2015, la passata edizione. Mi emoziono. Alla fine del video Eleonora diventa rossa e palesemente emozionata dice: “Abbiamo l’onore di annunciarvi che uno dei nostri atleti è stato convocato nella disciplina del nuoto in acque aperte” Si interrompe per qualche secondo e poi esclama: “è Marco Basso!!”.

Sgrano gli occhi e provo una serie di sensazioni che non riesco nemmeno a spiegare: incredulità, gioia, orgoglio e anche un pò di dolore perché so che Marco non comprende appieno l’importanza di questa opportunità, infatti è frastornato da tanta felicità tutta intorno a lui!

Ora, a distanza di mesi, Marco incomincia a realizzare che prenderà un aereo e andrà lontano con nuovi amici e un nuovo allenatore (fa un pò fatica a capire che Eleonora non nuoterà con lui). Ha capito che vedrà posti molto belli e soprattutto vivrà una bellissima esperienza. Anche io e mio marito andremo ad Abu Dhabi e anzi desidero ringraziare tutto il mondo Special Olympics per questa opportunità.

Questo mondo offre ai ragazzi la possibilità di crescere facendo sport e di conquistare quelle autonomie che noi genitori a volte non concediamo perché pensiamo di aiutarli solo proteggendoli e spianandogli la strada, o addirittura non li riteniamo capaci. Special Olympics accresce l’autostima che, almeno per quanto riguarda Marco, è bassissima. Molte volte ha paura di osare perché non si sente all’altezza, ha paura di sbagliare. Special Olympics crea  il rapporto con gli altri, perché i nostri figli sanno dare sensazioni incredibili a chi, come coach o atleti partner, fa sport con loro.

Vorrei concludere con una frase che mi ha confidato Elisa, atleta partner senza disabilità, che nuota spesso con Marco e che mi ha emozionato tanto:

“Ogni volta che Marco gira la testa nell’acqua e mi sorride io ho già vinto la più bella medaglia”

Grazie Special Olympics.

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Sonia Salice: Grazie per Bormio!

“GRAZIE! Alla fine di questa settimana di emozioni intense sento il desiderio, quasi fisico, di ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione dei Giochi Nazionali Invernali di Bormio a cui mia sorella Sonia ha partecipato per la prima volta.

Sonia ha 43 anni e un ritardo mentale dalla nascita. Fino a 10 anni fa, circa, viveva una vita tranquilla e che probabilmente si potrebbe definire “felice” nonostante l’assenza di relazioni sociali extra familiari. Poi l’incontro con un laboratorio di lavoro protetto che, grazie a Nina, la responsabile, le ha dato la possibilità di relazionarsi con gli altri, di crescere nelle abilità sia manuali che sociali e, soprattutto, di costruirsi uno spazio tutto suo fuori dal contesto familiare.

L’incontro con Special Olympics e la squadra dei Cissaca Bulls Alessandria ha dato il via a quella che io interpreto come seconda fase della crescita personale di Sonia, della sua appartenenza al mondo.
Quando l’ho accompagnata al primo allenamento, mai avrei immaginato di scrivere oggi queste parole. Credevo, anzi, che non avrebbe voluto continuare. Quanto ci sbagliamo, a volte.
Sonia si è innamorata della pallacanestro, ma si è innamorata ancor più dell’appartenenza ad una squadra, dei suoi compagni e di Coach Petrozzi che l’hanno subito accolta e coi quali si è creato un rapporto bellissimo. Non si perde un allenamento per nessun motivo! E il caffè post allenamento coi compagni è diventato un appuntamento fisso.

Dall’appartenenza al mondo all’esserne cittadina a pieno titolo…questo passaggio così difficile non solo nella pratica ma anche nel pensiero, l’affermazione dell’identità e della piena dignità della persona, bene, questo passaggio è avvenuto nell’agosto 2016 per un puro colpo di fortuna…un post su FB in cui una neonata associazione sportiva di Albisola, Eunike, annunciava un collegiale di nuoto aperto a tutti gli interessati.
E’ stato un attimo. Una telefonata, qualche informazione e…”Sonia, ti piacerebbe andare a fare allenamenti di nuoto per 5 giorni, da sola?” “Io si! Io voglio andare, ma tu non vieni? Che bello”…ecco, la gioia di non essere voluti! Il momento in cui capisci che non ha così bisogno di te come pensi…il momento in cui comprendi che è pronta.

Il collegiale di Asti è stato un successo straordinario grazie alle amicizie nate tra nuotatori e ai tecnici di Eunike Eleonora Ferrari e Serena Taccetti che supportate da un gruppo di volontari favolosi hanno fatto magie. Perciò a ottobre, quando iniziano gli allenamenti di ciaspole sulla spiaggia di Albisola…”Sonia, ti va di provare?” beh, la risposta è nelle immagini, nei sorrisi e nelle emozioni dei giorni appena trascorsi. Due sabati al mese una piccola trasferta da Alessandria ad Albisola e subito, quello che sembrava un sacrificio, è diventato un piacere. Conoscere gli altri atleti, i loro genitori e parenti, e chiacchierare davanti al mare bevendo un caffè scambiandosi esperienze, conoscenze. Abbiamo vinto tutti. Gli atleti che adorano Eleonora e Serena, e noi familiari (che adoriamo Eleonora e Serena!) che abbiamo trovato un nuovo spazio e nuove opportunità.

Quindi GRAZIE. Grazie a Eleonora Ferrari e Serena Taccetti.
Grazie a Special Olympics, un’organizzazione spettacolare che non tralascia nulla e che rende ogni avvenimento davvero speciale. Quindi a tutti voi, dal Presidente all’ultimo volontario (in ordine di tempo) grazie di cuore. Grazie alla città di Bormio per l’accoglienza e la partecipazione calorose.

E grazie ai tecnici perché riescono a coniugare con apparente semplicità, una grande sensibilità, capacità tecniche che permettono anche ai “profani” l’approccio ad un nuovo sport e quel che fa la differenza: creare un gruppo! E tutto con una umiltà ammirevole. Sarebbe bello poter spiegare davvero ciò che rappresenta per noi familiari vederli tornare cresciuti ogni volta. Io ci ho provato, ma non ho trovato le parole…perciò mi limito ad un semplice ma enorme GRAZIE! E, ultimo, ma non ultimo, grazie a tutti gli atleti per tutto ciò che ci ricordano ogni giorno: spontaneità, coraggio, fatica, sacrificio, amicizia, solidarietà, gioia di vivere. Grazie a Alex, Gigi, Luca, Marco B., Marco R. e Sonia (in rigoroso ordine alfabetico). Mi hanno detto che in questi momenti le lacrime di gioia valgono…meno male.Grazie a tutti voi”.

Katia Salice (orgogliosamente sorella di Sonia Salice Atleta Special Olympics).

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